Il lungo viaggio fino alla pensione
La pensione sembra sempre un traguardo irraggiungibile e quando si inizia a fare i conteggi per capire l’ammontare dell’importo pensionistico i lavoratori sono spesso insoddisfatti, ma oramai è troppo tardi per intervenire.
Cosa potrebbero fare i lavoratori per evitare sorprese finali? Programmare il loro futuro pensionistico.
Un modo per farlo nasce dalla previdenza complementare, ossia il sistema basato su fondi pensione e assicurazioni private sia di carattere collettivo che individuale. Essendo complementari sono un’aggiunta alla previdenza obbligatoria e hanno lo scopo, appunto, di integrare quest’ultima dato che con il susseguirsi delle riforme e l’applicazione del sistema contributivo non possono garantire rendite pensionistiche in linea agli ultimi stipendi pensionistici.
Partiamo dall’assunto che l’adesione ad un fondo pensione è una libera scelta del lavoratore. Ma quali vantaggi potrebbe cogliere?

Innanzitutto, è bene specificare che il fondo pensione si può alimentare da diverse fonti: la quota di TFR del lavoratore, che invece di essere accantonata in azienda viene periodicamente versata al fondo scelto; la quota del contributo del datore del lavoro (se presente); ed infine dai rendimenti del fondo pensione. Questi elementi andranno a costituire la rendita, ossia il tesoretto, che andrà ad aggiungersi all’importo della previdenza obbligatoria.
Nel nostro panorama normativo sono previste tre tipologie di forme pensionistiche complementari:
- fondi pensione negoziali, detti anche chiusi, rivolti a gruppi di lavoratori facenti parte di un determinato settore lavorativo regolati generalmente da contratti collettivi
- fondi pensione aperti destinati a tutti i lavoratori privi di fondi pensione negoziali:
- Piani Individuali Pensionistici di tipo assicurativo (PIP) ossia polizze assicurative a carattere individuale con finalità previdenziali
Oltre all’idea di accantonare un importo aggiuntivo alla previdenza obbligatoria per incrementare la rendita pensionistica, l’ulteriore elemento che potrebbe portare il lavoratore su questa strada è la deducibilità che godono i contributi e i premi versati alle forme pensionistiche complementari (sia relativi a fondi negoziali sia relativi a fondi individuali).
Infatti, i contributi versati alle forme di previdenza complementare, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, anche aziendali, sono deducibili dal reddito complessivo IRPEF, ai sensi dell'art. 10 del TUIR, per un importo non superiore a 5.164,57 euro.

Facciamo un esempio pratico per meglio comprendere la portata.
Supponiamo che il lavoratore abbia un imponibile di 31.000 Euro, applicando gli scaglioni IRPEF avrebbe un ammontare di imposte pari a 8.100 Euro annuo.
Ipotizziamo che nel corso dell’anno abbia versato 1.500 Euro al fondo pensione. A questo punto l’ammontare è totalmente deducibile perché rientra nel limite, pertanto l’ammontare su cui si andranno a calcolare le imposte non sarà più 31.000 Euro ma 29.500 Euro, con un ammontare di imposte pari a 7.530 Euro annui ed un risparmio di 570,00 Euro sulle imposte da versare.