Da qualche tempo da più fronti si sente ripetere sempre più spesso che stiamo tornando ad un’apparente normalità. Ma in fondo, ci siamo mai chiesti cosa sia davvero normale?
Siamo sicuramente legati al ricordo di quelle che erano le abitudini pre-pandemiche legate principalmente ad una corsa costante contro il tempo: alzarsi al mattino considerando il margine di tempo necessario per affrontare la coda della tangenziale, oppure la ricerca del parcheggio e ancora coordinarsi con nonni o babysitter per la gestione di scuola, ufficio, attività sportiva.
Ecco, forse si era talmente tanto immersi in questa quotidianità da sembrare l’unica strada percorribile.
Poi di colpo è stato necessario reinventare il modo di lavorare, si è scoperto che le call potevano sostituire, degnamente, gli appuntamenti in presenza facendo guadagnare il tempo, improduttivo, destinato agli spostamenti.
Si è scoperto che invece di perdere tempo nel traffico per raggiungere il luogo di lavoro si può utilizzare lo stesso tempo per qualsiasi altra attività.

E il lavoro è andato avanti, forse con più difficoltà iniziali perché come tutte le attività necessita di un periodo di prova per rodare tutti i meccanismi e prendere le giuste misure.
Può essere questa considerata normalità? Certamente tutti hanno perso qualcosa in questo anno e mezzo estremamente difficile, e sicuramente la mancanza dei rapporti sociali è la parte che più ha pesato. Ma si deve estrapolare il buono da ogni situazione.
Se dobbiamo fare una contrapposizione tra pro e contro sicuramente tra le cose positive si può inserire la possibilità di scegliere se lavorare da casa o in ufficio, a seconda delle attività da svolgere, evitando così almeno in alcuni giorni di sprecare tempo immersi nel traffico. Oppure decidere di organizzare comunque delle call quando non è indispensabile la presenza.
Infine, quello che più di ogni cosa ha lasciato questo periodo è la capacità di essere flessibili: ai datori di lavoro per le continue aperture e chiusure imposte da decreti, i quali hanno imposto agli imprenditori la necessità di riorganizzarsi continuamente e nei lavoratori la capacità di adeguarsi alle nuove esigenze.
Non esiste quindi un concetto assoluto di normalità e se lo scopo delle aziende è tornare solo esclusivamente al modo di lavorare pre-emergenza forse si lasciano scappare un’importante occasione di migliorarsi.